C’é una responsabilità scolastica per i danni causati dallo studente maggiorenne ad un compagno?
Una risposta al quesito l’ha fornita la Corte di Cassazione con ordinanza n.2334/2018 esaminando un ricorso avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bari.
Tale sentenza riguardava una domanda di risarcimento danni proposta da un’alunna dell’ultimo anno di scuola media superiore, la quale, all’uscita dalla palestra al termine della lezione di educazione fisica, veniva fatta cadere a terra a causa della calca e delle spinte dei compagni di classe (studenti maggiorenni e non).
La Corte d’Appello di Bari, ravvisando una responsabilità scolastica per omessa vigilanza da parte dell’insegnante, aveva condannato il MIUR (Ministero Istruzione Università e Ricerca) a risarcire i danni causati all’alunna infortunata.
Nel valutare l’esistenza o meno della responsabilità scolastica nel caso di danni causati dallo studente maggiorenne, la Suprema Corte ha dichiarato che il dovere di vigilanza dell’insegnante (che comporta una responsabilità scolastica) non va considerato in astratto, ma va valutato in ogni singolo caso, tenendo conto dell’età e del grado di maturazione degli studenti.
La scuola, pertanto, non risponde del danno causato dallo studente maggiorenne (o quasi maggiorenne) se il comportamento dannoso di quest’ultimo non poteva essere previsto o prevenuto in relazione alle sue capacità di discernimento.
Se è vero, infatti, che grava sull’insegnante l’obbligo di vigilare in ambito scolastico sulla condotta sociale degli studenti, maggiorenni o minorenni che siano (art.2048, 2° comma, c.c.), tale obbligo di vigilanza non può tuttavia avere carattere assoluto.
Pertanto, l’insegnante ben potrà fornire la prova liberatoria della propria responsabilità dimostrando di aver esercitato una vigilanza adeguata all’età ed al normale comportamento degli affidati, sebbene ancora minorenni.
Tale prova, basata sul fatto che la condotta dannosa dello studente non sarebbe stata prevedibile/prevenibile in relazione alla sua età e maturità, rende l’evento dannoso attribuibile al caso fortuito, facendo così venir meno la responsabilità scolastica.
Si può dunque concludere che:
a) la maggiore età rende lo studente (normale sul piano psico-fisico) in grado di autogestirsi e di evitare consapevolmente una condotta che cagioni danni a terzi;
b) la culpa in vigilando all’insegnante non sussiste quando lo studente maggiorenne adotta un comportamento dannoso a se stesso ed alle persone a lui più prossime, trattandosi di evento imprevedibile.
Ovviamente il il soggetto danneggiato potrà sempre escludere la suddetta prova liberatoria se dimostra che l’autore dell’evento dannoso aveva in precedenza manifestato spiccati elementi di asocialità o comunque di ostilità nei confronti di esso danneggiato.
Tale circostanza, infatti, esclude il ‘caso fortuito‘ dal momento che l’insegnante avrebbe dovuto tenerne conto.
E’ bene infine ricordare che la Corte ha assimilato allo studente maggiorenne i c.d. “grandi minori“ (ad esempio, gli studenti non ancora maggiorenni che frequentano l’ultimo anno delle scuole superiori), riconoscendo “nelle persone di età prossima ai diciotto anni una maturazione psicofisica ormai completa, e quindi idonea a giustificare una loro autoresponsabilità come responsabilità diretta ed esclusiva“.
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